Cominciamo dall’inizio

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Allora, cominciamo veramente dal principio.

Sei anni fa io ed il Varesotto Inglese abitavamo a Londra. Una coppia di sposini novelli pieni di certezze ed entusiamo, pronti ad affrontare insieme un futuro ricco progetti di coppia. D’altronde cosa avremmo dovuto temere? Il Varesotto, di mamma inglese e papà italiano, era cresciuto già abituato al bilinguismo ed alla multiculturalità. Io, da parte mia, avevo già affrontato e superato varie difficoltà legate al nostro trasferimento a Londra.

Sembrava veramente che avessimo tutto sotto controllo. In realtà, avevamo fatto i conti senza il piccolo oste appena concepito che stava crescendo nella mia pancia e che nel giro di nove mesi ci avrebbe rivoluzionato la vita.

Perchè, sotto sotto, lo sapevamo che sarebbe stato difficile e che diventare genitori per la prima volta non è cosa da poco, ma quello che non avevamo preso in considerazione era la difficoltà aggiunta di affrontare il tutto da espatriati in un paese lontano, senza il supporto della nostra famiglia. Per noi genitori novelli non ci sarebbero state teglie fresche di lasagne fatte in casa, né le parole di conforto della mamma, della sorella più cara o una spalla su cui farsi un bel pianto da sfinimento dopo mesi di notti insonni.

Per noi ci furono più che altro quintali di take-away che galleggiava nell’olio, ore passate a tippettare “coliche neonato” su google e a leggere tutti i libri di puericultura su cui riuscivamo a mettere le mani. E questo solo per imparare a gestire il nostro piccolo, adorabile tiranno. Per imparare a navigare i codici non scritti dell’essere genitori in un paese straniero invece abbiamo dovuto accumulare inciampi e capitomboli (figurati, ma parecchi). E facendoci sempre riconoscere da subito come “quei genitori stranieri”.

Dalle prime ecografie all’allatamento, dalle notti insonni alle prime pappe ecco in breve il nostro viaggio alla scoperta delle principali differenze tra genitori italiani e stranieri.

Innanzitutto i genitori inglesi non vogliono sapere se il bebè che aspettano sarà maschio o femmina. Per moltissimi di loro è impensabile rovinare l’effetto di quella che sarà la sorpresa più bella della loro vita. Un po’ come voler aprire i propri regali la settimana prima di Natale. Assurdo ed al limite dell’autolesionismo.

Anche nei rarissimi casi in cui dei genitori inglesi con poco autocontrollo si facciano cogliere dal morbo della curiosità durante l’ultima ecografia, il sesso del nascituro non viene rivelato a nessun altro, nemmeno ai parenti o agli amici più stretti*. Rivelare in anticipo il sesso ed addirittura il nome del nascituro a chiunque lo chieda, com’è normale abitudine per noi genitori italiani, è per loro completamente incomprensibile.

Ritrovarsi al corso pre-parto con una coppia di genitori italiani come noi, che gli trotterellano incontro pronti a chiedere “allora maschio o femmina?” li fa scappare a gambe levate.

Quando finalmente abbiamo imparato a regolare il nostro livello di indiscrezione parentale nei contesti di gruppo, siamo passati al momento cruciale della stesura del nostro piano del parto. Un’impresa non da poco per qualsiasi coppia di genitori primipari in attesa, assolutamente ignari della vera natura dei dolori del travaglio.

Il nostro primo birth plan era comunque breve e ben poco ambizioso. Ovviamente ci auguravamo di avere, se possibile, un parto senza interventi, ma eravamo ben lieti di ricorrere ad analgesici e, se necessario, a tutto l’aiuto medico disponibile.

Quello che non sapevamo è che il tipo di parto scelto da una coppia in Inghilterra è intriso di connotazioni sociali che vanno ben al di là dell’evento in sè. Il modello ispirazionale dominante per i genitori inglesi middle class è quello del parto naturale, senza interventi né analgesici, condotto in spirito zen con l’unico supporto di un CD del canto delle balene e due globuli di arnica montana. Non saprei se questo sia dovuto più alla natura profondamente competitive delle mamme inglesi middle class o a una sottile manovra del servizio sanitario nazionale che vuole ridurre l’uso dell’epidurale (che in Inghilterra è gratuita).

Fatto sta che in questo paese straordinario, dove esiste una vera mobilità sociale ma anche una intensa consapevolezza delle differenze di classe, il parto diventa per qualche misterioso motivo un forte indice di classe.

Così mentre le mamme inglesi dell’upper class prenotano con nonchalance il loro cesareo elettivo in clinica privata e per questo vengono etichettate come too posh to push (troppo snob per spingere), il pregiudizio classista vuole che le mamme inglesi working class non si facciano problemi ad approfittare dei benefici dell’epidurale gratuita.

Il parto però, come la vita, se ne frega delle nostre aspirazioni e velleità sociali. Mal preparate a questo, molte mamme della middle class inglese soffrono e si incolpano duramente se il parto non va come previsto. Purtroppo, biasimare una mamma al principio di quello che sarà il percorso più fondamentale ed importante della sua vita non è di nessun aiuto. E’ ben altro quello di cui lei ed il suo bebé hanno veramente bisogno.

Quando, sei anni dopo, è nata in Svizzera la nostra bambina abbiamo potuto constatare che le mamme elvetiche hanno un approccio più pratico e realistico al parto. Il desiderio di un parto naturale è forte per tutte ma senza sensi di colpa nel caso non tutto vada come previsto, senza competitività verso altre neo-mamme e soprattutto con la forte consapevolezza che il parto – per quanto importante – è solo il punto di partenza del nostro diventare mamme.

*Umorismo a parte, alcuni ospedali inglesi hanno dovuto abolire la pratica di rivelare il sesso del nascituro durante l’ecografia per il problema degli aborti selettivi nei confronti delle femmine, tuttora praticato da alcune etnie che privilegiano i figli maschi.

 

 

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  1. Wow che bella scoperta questo blog!!! Io ho partorito in Olanda e la differenza con l’Italia è abissale.interessante il punto di vista in Uk. Ti seguiró ancora

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